E-fuel, biocarburanti e acqua di condensa

E-fuel, biocarburanti e acqua di condensa

Oggi ci troviamo in un momento storico particolare che riguarda l’evoluzione della mobilità. Mai come oggi si respira aria di incertezza su quello che potrebbe essere il futuro nell’Automotive.

Con il Green Deal, l’Unione Europea ha dichiarato la riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 e il relativo azzeramento delle emissioni nocive entro il 2050.
Questi ambiziosi obiettivi sono stati fissati con il Fit for 55, allo scopo di spingere la cosiddetta trasformazione green della sostenibilità verso una decarbonizzazione totale.

Con questo accordo è stato sancito lo stop di nuove immatricolazioni di auto e furgoni inquinanti a partire dal 2035 e quindi l’abbandono delle motorizzazioni tradizionali a favore di metodi o carburanti alternativi e più puliti. In questo scenario si aggiungono i veicoli pesanti per il trasporto merci, che dovranno emettere il 15% in meno di CO2 dal 2025 e il 30% in meno dal 2030.

Quali sono le strategie verso una transizione low carbon economy?

L’eliminazione delle emissioni di gas serra, per combattere gli effetti del riscaldamento globale, è la sfida di oggi e uno degli obiettivi primari è l’individuazione di nuove soluzioni tecnologiche.

Molte sono le soluzioni sul mercato che stanno generando fermento:

  • elettrico
  • e-fuel
  • idrogeno
  • biocarburanti

Quali sono le difficoltà per il cambiamento?

Ogni tecnologia ha dei pro e dei contro. I principali nemici, soprattutto sul territorio italiano, sono rappresentati da:

  • parco circolante vecchio, inquinante e con tecnologie di sicurezza inferiori rispetto a modelli più recenti
  • inesistenza di incentivazioni per la transizione
  • difficoltà nella creazione delle infrastrutture necessarie

Quali sono le differenze tra le diverse strategie?

Elettrico

La prima distinzione netta da fare riguarda la diversa metodologia di alimentazione dei veicoli: attraverso i motori a scoppio oppure attraverso l’elettrico. Nel secondo caso vi sono diverse tipologie:

  • Auto elettriche a batteria (BEV, Battery Electric Vehicle), ossia alimentate esclusivamente dall’energia elettrica.
  • Auto ibride (HEV, Hybrid Electric Vehicle) che ha quindi due motori: uno endotermico e uno elettrico. In questo caso esistono due tipologie, le auto Mild Hybrid (MHEV, che significa Mild Hybrid Electric Vehicle, o ibrido leggero, la quota di alimentazione elettrica serve solo come supporto al motore endotermico) e le auto elettriche plug-in (PHEV, Plug-in Hybrid Electric Vehicle che si può ricaricare anche con una presa di corrente o una colonnina).

I Paesi europei stanno però ora cercando di individuare soluzioni diverse dall’elettrico per mantenere i motori endotermici ma garantire il raggiungimento del carbon neutral attraverso l’utilizzo di combustibili diversi.

e-fuel

Il processo di elettrolisi dell’acqua (H2O) è alla base della produzione degli e-fuel e prevede la separazione dell’idrogeno (H) dall’ossigeno (O). Tutto questo, deve essere alimentato da fonti rinnovabili (come solare, eolica, geotermica, idrica o generata dalla maree) per essere realmente sostenibile. Nello step successivo si deve combinare l’idrogeno con la CO2 catturata dall’atmosfera.

Il risultato finale di questo processo è un carburante sintetico che, come quelli tradizionali, viene bruciato dal motore. In questo caso di parla di “carbon neutral” perché l’anidride carbonica rilasciata allo scarico viene compensata da quella catturata dall’atmosfera durante il processo di produzione.

La difficoltà nell’adottare questa strategia è: l’impatto sul fabbisogno idrico (per un litro di carburante si necessitano 2 litri di acqua).

L’idrogeno

Quasi il 90% della massa nell’universo è costituita da idrogeno. Questo combustibile è quindi disponibile, leggero, facilmente stoccabile, oltre ad essere efficiente. Ma anche se è l’elemento più disponibile in natura, lo si trova solamente nell’acqua, nel gas naturale o in altri composti organici.

Attualmente l’idrogeno impiegato nell’industria è ottenuto dal reforming del metano o di gassificazione del carbone. Questo è chiamato idrogeno grigio. L’idrogeno blu invece è poco utilizzato e viene estratto dai combustibili fossili come il gas naturale, ma non utilizza energia rinnovabile. L’idrogeno verde invece utilizzerebbe il processo di elettrolisi sopra descritto, utilizzando fonti rinnovabili. Questo potrebbe rappresentare una nuova frontiera, di cui si sta discutendo molto.

L’idrogeno essendo altamente infiammabile, richiederebbe alle officine di stabilire apposite aree dove stoccare i mezzi in attesa di manutenzione e avere dei sensori per rilevare eventuali fughe di idrogeno.

Biocarburanti

Sono classificati in “prima generazione” e “avanzati”. I biocarburanti di prima generazione sono generati da materia organica, ossia da piante e animali (come scarti di industria agro-alimentare o rifiuti organici), e derivano dal processo delle biomasse. Da qui nascono due combustibili ottenuti da fonti rinnovabili: bioetanolo e biodiesel (E5=5% di parte bio nella benzine – B7=7% di parte bio nel diesel).

Se paragonati ai comuni carburanti, i biocarburanti presentano alcuni vantaggi. Tra questi si segnalano la riduzione delle emissioni di CO2, sia nella produzione del carburante stesso, che nell’emissione durante la combustione.

Oggi questa è la soluzione più diffusa sul territorio italiano.

I biocarburanti avanzati invece derivano da materie prime non alimentari e sono quindi definiti di seconda generazione. Un esempio è il HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), un olio vegetale idrotrattato ricavato da materie prime non alimentari.

Quali sono le normative in merito?

Le recenti normative sui carburanti (UNI EN 590 per il gasolio e UNI EN 228 per la benzina) hanno lo scopo di regolare la qualità dei carburanti in commercio, tra cui le percentuali di biocarburanti di prima generazione.

Cosa cambia nel veicolo?

Come è noto, all’interno del serbatoio potrebbe formarsi dell’acqua di condensa dovuta agli sbalzi termici (es. del carburante caldo che rientra nel serbatoio).
I biocarburanti sono igroscopici: hanno la capacità di assorbire le molecole d’acqua presenti nel serbatoio e di conseguenza formano una miscela difficile da filtrare, con il conseguente rischio che venga portata nella camera di combustione.

Quali sono i rischi dell’acqua?

La presenza di acqua nel sistema di alimentazione comporta 3 rischi

  • Riduzione della lubrificazione: l’acqua non possiede questa caratteristica, anzi riduce le proprietà lubrificanti dei carburanti. Questo porta a secchezza del sistema di alimentazione e quindi un aumento dell’usura dello stesso.
  • Ruggine: l’acqua, in combinazione con l’ossigeno, porta alla corrosione delle leghe metalliche con conseguente formazione di ruggine. Il rischio, esclusa l’usura dell’impianto, è che tali particelle non vengano correttamente filtrate e possano raggiungere gli iniettori.
  • Batteri: l’acqua sul fondo del serbatoio fornisce l’ambiente ideale per la formazione di batteri che, nutrendosi del gasolio, possono proliferare fino alla comparsa delle alghe (leggi il nostro blog dedicato alle “alghe” nel serbatoio).

Come si può prevenire?

TUNAP microflex® 984 (diesel), 974 (benzina) e 965 (ibrido-benzina) aiutano a contrastare la presenza di acqua nel serbatoio e mantenere lubrificati gli iniettori. La loro funzione è quella di proteggere l’intero sistema di alimentazione per ostacolare la possibile comparsa dei rischi sopra menzionati.

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L’articolo è riferito all’utilizzo di carburante di qualità. Utilizzare gasoli o benzine di bassa qualità comportano rischi e problematiche di entità maggiore, a cui difficilmente ci si può proteggere.

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